FRANCESCO RENDE

Protografologia. Il problema dei precursori

Tra i precursori della grafologia vengono spesso citati, a torto o a ragione, autori antichi quali Aristotele, Svetonio e Confucio, o più moderni (ma parimenti illustri) come Cervantes e Shakespeare.

Dal momento che spesso le fonti non vengono citate è difficile capire se si tratti di reali precursori o di vere e proprie leggende metropolitane, che vengono alimentate in maniera acritica per semplice passaparola.

Il problema non è di facile soluzione e uno degli autori che sembra averlo affrontato con maggiore rigore scientifico è Salvatore Ruzza autore di una articolata dispensa dal titolo Storia della grafologia (Libreria “G. Moretti”, Urbino, 1995).

Già a p. 3 Ruzza ricorda che “non esiste attualmente in Italia nessuno studio sull’argomento”. Prima di affrontare un’approfondita trattazione dei classici Michon (capitolo 2), Crépieux-Jamin (capitolo 3), Klages (capitolo 4) e Pulver (capitolo 5) Ruzza dedica, a p. 15, un brevissimo paragrafo ai precursori (termine che qui usiamo per designare tutti gli autori precedenti alla pubblicazione, del Trattato come da una lettera si conoscano natura e qualità dello scrittore di Camillo Baldi, nel 1622).

cervantesIn questo paragrafo Ruzza scrive che «Spesso nelle brevi rassegne sugli inizi della grafologia si fa riferimento ad Autori dell’antichità, come Demetrio di Falero (n.c. 350 a.C.), Dionisio d’Alicarnasso (n. c. 60 a.C.) e il commediagrafo Menandro (n.c. 343 a.C.)» ma «come osserva Crèpieux-Jamin, ciò è dovuto ad una pagina dell’Histoire de Graphologie di Emilie De Vars, che gli scrittori seguenti hanno ripreso acriticamente».

Secondo Ruzza questi riferimenti sono stati ripresi dal I capitolo del saggio di Camillo Baldi ma «gli Autori summenzionati presentano solo un discorso generico sui rapporto tra linguaggio e comportamento e non v’è in essi alcuna esplicita osservazione grafologica».

Dei presunti precursori Ruzza salva quindi solo Svetonio, che però si sarebbe limitato a «qualche scarna indicazione relativa alla scrittura di personaggio, come l’imperatore Cesare Augusto e l’apostolo Paolo».

Non vi è quindi traccia di Confucio ed Aristotele, e il problema rimane quindi, a questo proposito, aperto.

Riguardo a Svetonio la sua opera più frequentemente chiamata in causa è Le vite dei Cesari, che raccoglie le biografie degli imperatori romani, da Gaio Giulio Cesare a Domiziano.

A proposito di Augusto Svetonio scrive: «Nei suoi autografi ho anche notato questa particolarità: non divide mai le parole, portando al principio della riga seguente le lettere che avanzano in
fondo alla riga, ma le scrive immediatamente sotto, circondandole con una linea» (Svetonio, Vite dei Cesari, Rizzoli, Milano 1998, p. 277).

L’osservazione non è di tuttavia di carattere grafologico, in quanto non mette in relazione una qualche peculiarità della scrittura di Ottaviano con sua una caratteristica di personalità. Il contesto chiarisce, al contrario, che Svetonio sta parlando solo dello stile dell’imperatore romano e per di più da un punto di vista prevalentemente contenutistico.

Scrive infatti che Augusto utilizzava nelle sue lettere espressioni particolari (come «pagheranno alle calende greche») o che commetteva errori singolari (come simus al posto di sumus e domos invece di domuos).

(Svetonio è interessato quindi semplicemente ai “gossip” sulla scrittura dell’imperatore, ma senza alcuna notazione  che possa mettere in relazione personalità e scrittura. Subito dopo aggiunge infatti che «Non osserva molto l’ortografia, cioè il modo e la regola di scrivere stabilita dai grammatici, e sembra che segua piuttosto l’opinione di coloro che dicono che si debba scrivere come si parla».

Neanche Svetonio appare quindi un candidato papabile al ruolo di paleografolo. In attesa di ulteriori studi dovremo accontentarci del “solito” Camillo Baldi (1622) il quale tuttavia, secondo Carlo Moriondi, sarebbe stato preceduto da Prospero Aldorisio (1611), autore di un trattato mai ritrovato dal titolo Idengrafia (Salvatore Ruzza, op. cit., p. 16).

Ma il mistero non finisce qui qui se è vero che Jean-Charles Gille-Masani, affermato studioso di scuola jaminiana, ha affermato nel suo Psicologia della scrittura (1991) che il primo libro di grafologia mai pubblicato è, al contrario, Examen de ingenios para las ciencias di Juan Huarte de San Juan, che risale addirittura al 1575.

Che Huarte de San Juan abbia o meno insidiato il primato di Camillo Baldi è una questione che il lettore potrà giudicare da sé. Entrambi i testi sono infatti disponibili online e liberamente consultabili  da chiunque ne abbia voglia (Examen de ingenios para las cienciasTrattato come da una lettera missiva).

Che il medico-filosofo di Bologna debba infine lasciare il passo al medico-filosofo di San Juan Pie de Puerto?